Casapesenna. Esclusi dalla white list e con un ricorso per il reintegro bocciato dal Tar, a causa di rapporti con soggetti coinvolti nel clan dei Casalesi, Pi.ca Holding replica alle valutazioni dei giudici. “Non conosciamo Giuseppe Misso né conosciamo Sigismondo di Puorto o loro familiari. Di conseguenza nessun rapporto lavorativo o diverbio c’è mai stato e non abbiamo mai subito incendi di mezzi meccanici quali escavatori, pale meccaniche, e simili. In Emilia vi sono tante persone originarie di Casapesenna il cui cognome è “Piccolo” e sono facili le omonimie”, replicano alla dichiarazioni di un pentito. “In merito alla sentenza del Tar è profondamente ingiusta e lesiva della nostra dignità e pertanto verrà impugnata nelle sedi giudiziarie competenti. È fondamentale a tal proposito informare che non siamo coinvolti in alcun procedimento penale e/o civile per episodi legati alla criminalità organizzata. Tutto quello che stiamo subendo di riflesso dal processo “Medea” – che vede interessate terze persone, ferma la presunzione di non colpevolezza fino ad eventuale condanna definitiva, ed a cui abbiamo partecipato come testimoni (sono pubbliche le testimonianze) – ha il sapore del paradossale visto che fino ad oggi siamo gli unici uomini ed imprenditori originari di Casapesenna che hanno difeso, con fatti tangibili e non con parole, il territorio emiliano dalle infiltrazioni mafiose, così come riconosciuto dal gup Tribunale di Napoli. Da questa sentenza, relativa a vicende giudiziarie che ci hanno visto coinvolti, nostro malgrado, per aver assolto ai doveri di legalità nell’esercizio della nostra attività imprenditoriale emerge con chiarezza la qualità morale indiscutibile di Francesco Piccolo e Raffaele Cantile. Siamo convinti che la verità è una sola e prima o poi emergerà”.