Droga ed estorsioni, colpo a clan mafioso: arresti anche nel Casertano
Tra gli indagati anche alcuni detenuti, che comunicavano dal carcere utilizzando telefoni cellulari

CASERTA - Associazione mafiosa, traffico di droga, estorsione, detenzione abusiva di armi e ricettazione. Sono alcune delle accuse rivolte ai 14 arrestati in un blitz eseguito dalla squadra mobile di Catania e dai commissariati di Adrano e Caltagirone, coordinati dal Servizio centrale operativo della polizia, con la collaborazione delle squadre mobili di Napoli, Caserta, Taranto, Nuoro, Sassari, Udine, Pavia, Siracusa e Chieti.
L'inchiesta
L'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catania riguarda il clan Scalisi di Adrano. I 14 provvedimenti di oggi si aggiungono ai dieci fermi disposti nei giorni scorsi dalla Dda ed eseguiti dalla polizia nei confronti di presunti appartenenti al clan. Sotto la lente d'ingrandimento degli inquirenti le attività degli indagati nel periodo che va dall'ottobre 2023 al settembre di quest'anno. Tra le vittime delle estorsioni contestate c'erano imprenditori edili e agricoli, commercianti, proprietari terrieri e venditori ambulanti. Nel corso dell'indagine è stato sequestrato oltre un chilo di droga, tra cocaina e marijuana. Trovate e sequestrate anche tre pistole, con le relative munizioni, riconducibili alla banda.
Gli indagati
Tra gli indagati anche alcuni detenuti, che comunicavano dal carcere utilizzando telefoni cellulari. I fermi scatatti nei giorni scorsi sono nati dalla necessità di scongiurare un piano di morte in fase di realizzazione, che sarebbe stato pianificato dall'attuale reggente della famiglia mafiosa per ragioni legate all'uccisione del figlio, maturata in contesti estranei alla criminalità organizzata. Diverse le vittime del piano, al momento non tutte identificate, da lui ritenute coinvolte nella morte del figlio ucciso a coltellate alcuni mesi fa nel corso di una violenta rissa tra giovani. L'uomo sarebbe stato "fortemente determinato" a vendicare l'uccisione del figlio e avrebbe pianificato tutti i dettagli del delitto. Un piano al quale avrebbe collaborato anche lo zio e la famiglia di quest'ultimo, residente a Chieti. Il piano prevedeva l'utilizzo di finte divise dei carabinieri durante l'agguato e l'uso di un furgone non munito di localizzatore satellitare per eseguire il viaggio di andata e ritorno dall'Abruzzo alla Sicilia. Oltre agli arresti, sono state eseguite in contemporanea anche perquisizioni ad Adrano, Catania, Chieti e Pescara.