Violenze in carcere, agente parla al processo: "Mi fu chiesto di distruggere le immagini"
Nuova udienza sui fatti del 6 aprile 2020: ecco come cambiò la gestione dei detenuti

SANTA MARIA CAPUA VETERE – Nuova udienza del processo sulle violenze avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020. Migliaccio, agente della polizia penitenziaria, ricorda che diversi agenti dopo il 6"mi chiesero se le telecamere erano funzionanti", e fa il nome di Giovanni Aquilante (non imputato, ndr), agente in servizio al carcere di Secondigliano, "con cui parlammo fuori servizio, a Cesa, paese in cui risiediamo entrambi". Il teste ammette anche che una cosa del genere non era mai avvenuta a Santa Maria Capua Vetere; "quello del 6 aprile fu un evento straordinario, fino ad allora lavoravamo in maniera tranquilla, rimasi sconvolto".
Cambia la gestione dei detenuti
Dopo il 6 nel reparto Nilo la gestione dei detenuti cambiò, "era più severa con più perquisizioni del solito, mentre prima c'era una gestione più soft", e in seguito alla contestazione del pm, Migliaccio fa i nomi di alcuni agenti imputati - Gabriele Pancaro e Pasquale De Filippo - che dopo il 6 si comportavano in modo aggressivo verso i detenuti, con "atteggiamenti spavaldi", "con spintonamenti e strattonamenti"; "ha denunciato questi fatti?" gli ha chiesto Carlo De Stavola, difensore di entrambi gli agenti, "no", "allora ha omesso di denunciare" ha replicato il legale.
Il dialogo con due detenuti
Migliaccio ha anche raccontato di aver parlato con due detenuti, "uno dei quali - riferisce - mi disse di aver ricevuto una manganellata nei testicoli da un agente donna". Di Hakimi Lamine, detenuto morto un mese dopo i pestaggi, e del cui decesso rispondono 12 dei 105 imputati, Migliaccio dice che "stava male, litigava sempre con altri detenuti, dava fuoco alle stanze, e spesso dovevamo intervenire".