Rete clandestina di telefoni in carcere, 31 indagati per contatti mafiosi
Vasta indagine su oltre 150 cellulari e 115 SIM usati da detenuti di alta sicurezza per comunicare con le cosche, in particolare la 'ndrangheta
SANTA MARIA CAPUA VETERE (Lucia Sforza)- Una vasta e complessa operazione, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Genova, ha svelato l'esistenza di un articolato schema di comunicazioni clandestine che coinvolge detenuti in numerosi istituti penitenziari italiani, tra cui anche il carcere di Santa Maria Capua Vetere.
L'inchiesta ha messo in luce l'utilizzo illecito di oltre 150 telefoni cellulari e 115 schede SIM, strumenti che hanno consentito a reclusi, spesso sottoposti a regime di alta sicurezza, di mantenere contatti diretti con affiliati e membri delle loro organizzazioni mafiose all'esterno.
Sono 31 le persone finite sotto indagine. Le accuse contestate – a vario titolo – spaziano dall'introduzione di dispositivi nelle carceri alla ricettazione aggravata dal contesto mafioso.
La rete e il ruolo del carcere di Santa Maria Capua Vetere
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il sistema prevedeva un flusso costante di comunicazioni. Dalle sezioni di massima sicurezza del penitenziario di Genova-Marassi partivano numerose chiamate dirette verso altri istituti. Questo canale illecito era utilizzato dai detenuti per mafia per inviare le cosiddette "ambasciate", ovvero messaggi e disposizioni essenziali per mantenere attiva la rete relazionale delle cosche, con un focus particolare sui membri della ’ndrangheta.
Le perquisizioni, eseguite in contemporanea, hanno interessato un lungo elenco di istituti penitenziari su tutto il territorio nazionale, sottolineando la vastità del fenomeno: Fossano, Ivrea, Alessandria, Cuneo, Tolmezzo, Chiavari, La Spezia, Parma, San Gimignano, Lanciano, Rossano e, nel Casertano, il carcere di Santa Maria Capua Vetere.
Modalità di introduzione e ruolo dei complici
L'indagine ha dettagliato le metodologie ingegnose utilizzate per far entrare i cellulari, molti dei quali di dimensioni talmente ridotte da rendere estremamente difficile la loro individuazione durante i controlli. I metodi includevano:
- Pacco dall’Esterno: Utilizzo di pacchi postali o spedizioni con occultamento sofisticato.
- Colloqui con Familiari: Consegne effettuate durante i colloqui con i parenti, i quali risultano anch’essi coinvolti e indagati nell’inchiesta.
- Compiacenze: Stratagemmi complessi che sfruttavano presunte compiacenze nel circuito della telefonia.
Inoltre, si è scoperto che le SIM card utilizzate per le chiamate clandestine risultavano spesso intestate a soggetti fittizi o a cittadini stranieri ignari, rendendo più ardua l'identificazione dei reali utilizzatori.
Fondamentale per l'esito dell'inchiesta è stato il supporto fornito dalla Polizia Penitenziaria di Marassi, che con i controlli ha sequestrato gli apparati che sono stati poi analizzati. Lo studio dei flussi telefonici e telematici ha permesso di consolidare il quadro probatorio, confermando l’uso del canale di comunicazione illecito per agevolare e dirigere le attività della criminalità organizzata anche fuori dalle mura carcerarie.

