antica cittadella
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SANTA MARIA CAPUA VETERE (Lucia Sforza)- La sesta sezione della Corte di Cassazione, presieduta dal giudice Ercole Aprile, si è pronunciata sul ricorso presentato da tre membri di una famiglia originaria del Casertano – Anna Bianchi, Remo Negro e Rosa – che, pur essendosi trasferita al Nord (originaria di San Marco Capua Vetere), ha continuato a dedicarsi a un'attività di furti abituali e lucro-genetici.

Il ricorso era stato proposto avverso la decisione della Corte d'Appello di Torino, che aveva già confermato il decreto con il quale era stata applicata nei confronti della coppia (Anna Bianchi e Remo Negro) la misura di prevenzione della sorveglianza speciale e disposta la confisca di alcuni beni.

 

Pericolosità generica e qualificata

I coniugi non sono stati solamente colpiti da misure patrimoniali, ma sono stati anche considerati portatori di pericolosità qualificata e generica, un inquadramento che sottolinea la loro propensione a commettere reati con professionalità e continuità nel tempo.

Alla coppia sono contestati numerosi episodi di furti in appartamento e in centri commerciali, tra cui il noto outlet di Serravalle, commessi in un arco temporale molto esteso, dal 2009 al 2023.

A carico della famiglia è contestato anche il reato di trasferimento fraudolento di valori. L'intestazione fittizia di beni a terzi ha riguardato:

  • Un immobile del valore stimato in circa 285 mila euro.
  • Due auto e un camper.
  • Somme di denaro per un importo di circa 10 mila euro.

 

La motivazione della suprema Corte

La Cassazione ha respinto e dichiarato inammissibili i ricorsi presentati dalla difesa. La motivazione dei giudici romani è stata chiara e inequivocabile, smentendo la tesi difensiva che lamentava una presunta "soluzione di continuità" – cioè una lunga pausa – nell'attività criminale tra il 2009 e il 2023.

Per la Suprema Corte, al contrario, "i fatti di reato singolarmente attribuiti ai preposti evidenziano una cointeressenza, un reciproco coinvolgimento, una abitualità nel commettere reati lucro-genetici sviluppatesi nel tempo in cui sono coinvolti altri componenti della famiglia”.

La sentenza evidenzia la natura non episodica, ma strutturale e familiare, dell'attività criminale, giustificando pienamente l'applicazione della severa misura di prevenzione.