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I fratelli Salvatore e Domenico Belforte
I fratelli Salvatore e Domenico Belforte

MARCIANISE (Lucia Sforza) - Una "doppia stangata" giudiziaria ha colpito il clan Belforte di Marcianise. La Suprema Corte ha messo un punto fermo sulle vicende dei due storici capi dell'omonimo clan, i fratelli Salvatore e Domenico Belforte. Con due decisioni separate, la Cassazione ha respinto i ricorsi presentati dai boss, confermando l'ergastolo per Salvatore e la proroga del regime di carcere duro, noto come 41 bis, per Domenico


Conferma dell'ergastolo per Salvatore Belforte


Il primo provvedimento riguarda Salvatore Belforte, 65 anni, che sta scontando una condanna all'ergastolo per due omicidi e un tentato omicidio risalenti al 1998, in piena guerra di camorra con i rivali del clan Piccolo, detti "Mazzacane". La sua difesa aveva tentato di sostituire la pena perpetua con 30 anni di carcere, facendo leva sulla legge Carotti del 1999 e su alcune sentenze della Corte Costituzionale e della Corte europea dei diritti dell'uomo. Tuttavia, la Cassazione, con il relatore Barbara Calaselice, ha definito l'istanza "manifestamente infondata". La richiesta di rito abbreviato era stata presentata nel 2011, ben oltre il periodo utile per ottenere il beneficio. La condanna è stata quindi confermata, e a Salvatore Belforte sono stati comminati 3mila euro di spese da versare alla Cassa delle ammende.


Inammissibile il ricorso di Domenico Belforte


Simile sorte per Domenico Belforte, 68 anni, che aveva presentato un ricorso contro la proroga del 41 bis decisa dal Tribunale di Sorveglianza di Roma. La Suprema Corte, presieduta da Elisabetta Morosini con relatore Paola Borrelli, ha dichiarato l'atto inammissibile. Il motivo? Mancava la firma di un avvocato cassazionista, un obbligo previsto dalla legge dal 2017. Un errore procedurale insanabile che ha portato al rigetto immediato del ricorso e alla condanna a pagare 4mila euro alla Cassa delle ammende.


Un segnale forte contro il clan Belforte


Con queste due decisioni, i giudici hanno ribadito non solo la fermezza dello Stato nel contrasto alla criminalità organizzata, ma anche l'importanza del rispetto delle procedure legali, anche quando si tratta di boss di alto rango. Le pronunce della Cassazione rafforzano il quadro repressivo nei confronti del clan Belforte, da decenni radicato a Marcianise e in gran parte del Casertano, protagonista di sanguinose faide e di numerosi processi per estorsioni, droga e infiltrazioni economiche.