antica cittadella
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Immagine di repertorio
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MARCIANISE - "Per noi donne lavoratrici della Jabil, multinazionale Usa con sede a Marcianise, questo otto marzo non sarà una giornata di festa, ma una giornata di ulteriore stress, dovuta alla paura che i giorni passano e non si intravede una ipotetica soluzione alla nostra vertenza. Oggi, oltre a lottare per mantenere i diritti conquistati, dobbiamo lottare per mantenere il nostro posto di lavoro. E con i nostri cari non riusciamo a sorridere". Così in una lettera aperta, le dipendenti dell'azienda statunitense di elettronica che ha deciso di cessare l'attività a Marcianise (Caserta), fanno il punto di una giornata simbolo per tutte le donne del mondo, ma che per loro rappresenta solo un ulteriore momento di avvicinamento all'epilogo della procedura di licenziamento collettivo. 

I licenziamenti

La procedura è stata avviata da Jabil il 7 gennaio scorso, con scadenza tra pochi giorni, il 25 marzo, data dalla quale l'azienda potrà iniziare ad inviare le lettere di licenziamento ai 413 dipendenti dello stabilimento di Marcianise. "Le istituzioni sono distratte - scrivono le lavoratrici - non ascoltano il nostro grido in ricerca di aiuto, al momento non hanno trovato nessuna soluzione per noi lavoratori", scrivono le lavoratici parlando di tavoli ministeriali disertati perche "a senso unico dove la politica continua a sostenere un'azienda americana come Jabil che per diversi anni ha utilizzato ammortizzatori sociali senza piani industriali sostenibili, o che promuove un progetto industriale di ricollocazione (alla Tme Assembly Engineering Srl, ndr) cui 413 operai congiuntamente alla Rsu hanno detto fermamente 'no'". 

“Nonostante tutto continuiamo a lavorare”

"Eppure, per non far perdere commesse alla nostra azienda, continuiamo a lavorare, ci sentiamo sotto pressione, l'azienda ci colloca in ferie senza il nostro consenso per azzerare il monte ore pregresso, viviamo in un ambiente lavorativo 'pesante'; i manager, sebbene siano anch'essi coinvolti nei 413 licenziamenti, sono totalmente disinteressati alla vertenza, non partecipano agli scioperi, effettuano opera di convincimento per far accettare la ricollocazione presso un'azienda che noi lavoratori abbiamo rifiutato perché non da sufficienti garanzie per il proseguimento della nostra vita lavorativa. Anche perché non dimentichiamo le precedenti ricollocazioni dei nostri colleghi in Softlab e Orefice finite male". "Questo stato di perdita del lavoro e l'incertezza economica - concludono le lavoratrici Jabil - stanno avendo un impatto negativo sulla salute mentale di noi tutte e sul benessere delle nostre famiglie e soprattutto dei nostri figli. Chiediamo che le istituzioni siano al nostro fianco per trovare una soluzione funzionale a questa vertenza affinché possiamo ritornare a sorridere quando siamo con i nostri cari".