antica cittadella
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CESA – Dopo un lungo e tortuoso iter giudiziario, la Terza Sezione Penale della Corte d’Appello di Napoli ha emesso una nuova sentenza di condanna nei confronti dei fratelli Nicola e Salvatore Pota, ritenuti responsabili del tentato omicidio dell’imprenditore Vincenzo Esposito, avvenuto il 20 settembre 2008 nel contesto della faida tra i clan “Caterino-Ferriero” e “Mazzara”.

La sentenza a 17 anni dai fatti

A distanza di 17 anni dai fatti, i giudici hanno inflitto 10 anni di reclusione a Nicola Pota e 9 anni a Salvatore. Secondo la ricostruzione della Direzione Distrettuale Antimafia, i due fratelli avrebbero partecipato all’agguato armato nei confronti di Esposito, colpendo la sua auto mentre rientrava a casa. L’imprenditore riuscì a sopravvivere all’attentato, nonostante i colpi d’arma da fuoco esplosi contro di lui.

Il processo si è basato su una solida attività investigativa, che ha incluso intercettazioni telefoniche e ambientali, oltre alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Luca Mosca, inizialmente coinvolto ma poi prosciolto da ogni accusa relativa a questo episodio.

Numerosi colpi di scena

La vicenda giudiziaria ha visto numerosi colpi di scena. Dopo una prima condanna nel 2017 da parte del Gup di Napoli, i due imputati furono assolti dalla Corte d’Appello. Tuttavia, la Corte di Cassazione annullò quella sentenza e ordinò un nuovo processo. Un secondo verdetto di condanna fu emesso nel 2021, ma anche questo venne annullato nel 2022, imponendo un ulteriore approfondimento, in particolare sulle dichiarazioni del pentito Mosca.

Con l’ultima sentenza, la Corte ha ritenuto provata la responsabilità dei fratelli Pota. Le motivazioni della condanna saranno depositate entro 30 giorni. I legali degli imputati – gli avvocati Carmine D’Aniello, Gaetano Laiso e Nicola Marino – hanno annunciato l’intenzione di presentare ricorso in Cassazione.

Vincenzo Esposito, sopravvissuto all’agguato, si è costituito parte civile nel processo, assistito dagli avvocati Vincenzo Guida e Giovanni Midiocestomarco, e attende giustizia da quasi due decenni.