Omicidi nella faida di camorra dei Mezzacane, ergastolo per Salvatore Belforte
La Cassazione conferma il 'fine pena mai' per lo storico boss 'fallito' come collaboratore di giustizia

MARCIANISE (ls)- Nessuna speranza di riduzione della pena per Salvatore Belforte, figura di spicco dello storico clan camorristico Belforte-Mazzacane di Marcianise. La Corte di Cassazione ha infatti respinto il ricorso presentato dalla difesa del boss che puntava a sostituire la pena dell'ergastolo con trent'anni di reclusione, confermando in via definitiva il suo destino al carcere a vita.
La sentenza, emessa dalla settima sezione penale presieduta da Giuseppe Santalucia, chiude un lungo iter giudiziario. L’istanza era stata precedentemente rigettata anche dal Tribunale di Sorveglianza di Ferrara e riguardava una condanna inflitta a Belforte nel 2012 e divenuta irrevocabile nel 2015, al termine di un giudizio abbreviato.
Omicidi e Guerra di Camorra: le accuse definitive
La condanna all'ergastolo, accompagnata da un periodo di isolamento diurno, era stata comminata per una serie di reati gravissimi. Tra questi figurano due omicidi, un tentato omicidio e altri crimini commessi nel lontano 1998, durante la cruenta faida di camorra che vide il clan Belforte scontrarsi con la cosca rivale dei Piccolo.
Omicidi nella faida di camorra dei Mezzacane, ergastolo per Salvatore Belforte
Nel ricorso alla Suprema Corte, la difesa aveva richiamato la cosiddetta legge “Carotti” del 1999. Questa normativa aveva previsto, per un limitato periodo di tempo, la possibilità di commutare la pena perpetua in una condanna a trent'anni per i procedimenti celebrati con rito abbreviato. L'avvocato aveva sostenuto che tale disciplina dovesse essere interpretata in senso estensivo, anche alla luce delle pronunce della Corte Costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo.
I giudici di legittimità hanno però ritenuto il ricorso “manifestamente infondato”. Hanno chiarito che la richiesta di rito abbreviato da parte di Belforte era stata avanzata solo nel 2011, ben oltre la finestra temporale (gennaio-novembre 2000) in cui la norma consentiva la riduzione della pena. Inoltre, è stato ribadito che il boss era pienamente consapevole, al momento della scelta del rito, che questo avrebbe comportato la pena dell'ergastolo e non una sanzione inferiore.
La Cassazione conferma il 'fine pena mai' per lo storico boss 'fallito' come collaboratore di giustizia
Di conseguenza, la Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando Belforte non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare tremila euro a favore della Cassa delle Ammende.
La decisione chiude l’ennesimo capitolo giudiziario di una figura criminale che, dopo una breve parentesi come collaboratore di giustizia – revocatagli per false dichiarazioni relative all’omicidio di una donna legata al fratello Domenico – resta definitivamente destinata al “fine pena mai”