antica cittadella
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REGIONALE - Si è concluso con due condanne a 30 anni di reclusione il processo di primo grado per l’omicidio di Gelsomina Verde, la 22enne uccisa brutalmente durante la prima faida di camorra a Scampia. 

Le condanne

Il giudice per l’udienza preliminare Valentina Giovanniello, del Tribunale di Napoli, ha accolto le richieste dei pubblici ministeri Maurizio De Marco e Stefania Di Dona, riconoscendo la colpevolezza di Luigi De Lucia e Pasquale Rinaldi, detto ‘o Vichingo.

I due non furono gli esecutori materiali del delitto, ma secondo gli inquirenti giocarono un ruolo decisivo: scortarono l’auto in cui si trovava la ragazza fino al luogo dell’omicidio e avevano con sé l’arma poi utilizzata per ucciderla. Il killer, Ugo De Lucia, è già stato condannato all’ergastolo.

L'odissea vissuta da Gelsomina

Gelsomina Verde fu sequestrata, interrogata sotto tortura e infine uccisa il 21 novembre 2004. Il suo corpo venne bruciato all’interno di una vettura per cancellare le tracce del crimine. La giovane fu coinvolta unicamente perché ritenuta vicina a un esponente del clan rivale, Gennaro Notturno, detto ‘o Sarracino. Secondo le indagini, non sapeva nulla e non avrebbe potuto fornire informazioni.

Il suo caso scosse profondamente l’opinione pubblica italiana, divenendo uno dei simboli più dolorosi dell’assurdità della violenza camorristica. Il suo nome è oggi sinonimo di innocenza spezzata, memoria collettiva e impegno civile contro la criminalità organizzata.

Alla sua storia è stata dedicata anche una puntata della serie TV Gomorra, che ha contribuito a far conoscere a un pubblico più ampio la tragedia vissuta da Gelsomina e la brutalità della faida di Scampia.

La sentenza emessa oggi rappresenta un importante passo nella ricerca della giustizia, riaffermando la responsabilità di chi, anche senza premere il grilletto, ha contribuito alla morte di una giovane donna colpevole solo di essere nel posto sbagliato, nel momento sbagliato.