antica cittadella
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Arresto della squadra mobile
Arresto della squadra mobile

SAN CIPRIANO D'AVERSA. La cronaca di oggi racconta la vicenda di Ivo Capone, 55enne originario di San Cipriano d'Aversa, un nome che per molti evoca immagini oscure legate al crimine organizzato. Affiliato al noto clan dei Casalesi, nella fazione Schiavone, Capone rappresenta uno dei volti più complessi e controversi di un sistema mafioso che continua a radicarsi nel tessuto sociale italiano. La sua storia, purtroppo, non è solo quella di un uomo che ha scelto strade sbagliate, ma soprattutto quella di un individuo che ha continuato a operare nel mondo della criminalità nonostante le condanne e la pressione delle forze dell'ordine.

Pizzo ai commercianti per la pubblicità, arrestato affiliato dei Casalesi



Nel 2009, le indagini della Squadra Mobile di Caserta hanno cominciato a mettere in luce le manovre illecite di Capone e dei suoi complici. Non si trattava di crimini casuali, ma di un vero e proprio sistema di coercizione che puniva chiunque osasse opporsi alle richieste del clan. Gli organizzatori di feste di piazza e le televisioni locali venivano costretti a ingaggiare cantanti neomelodici selezionati dal clan, un modo per assicurarsi il monopolio su eventi che avrebbero dovuto essere gioiosi e festosi, trasformandoli invece in strumenti di controllo e intimidazione.

Tra i nomi dei cantanti vi era anche quello della compagna di uno dei boss arrestati, evidenziando come le relazioni personali si intrecciano con gli affari illeciti, creando una rete complessa di interessi e pressioni. Il denaro guadagnato da questi artisti, spesso ignari della vera fonte dei loro ingaggi, non andava interamente nelle loro tasche, bensì serviva principalmente a rimpinguare le casse del clan o ad arricchire singoli affiliati. Un circolo vizioso che perpetuava la paura e l’omertà, rendendo difficile per le vittime alzare la voce contro le ingiustizie subite.

 

Ivo Capone, 55enne di San Cipriano D'Aversa, è stato condannato per tentata estorsione e tentata rapina, aggravati dal metodo mafioso



Ma la violenza e le minacce non si fermavano agli artisti. I titolari di attività commerciali nell'agro aversano vivevano un'incubo simile, costretti a versare il cosiddetto “pizzo” e a comprare gadget pubblicitari a prezzi stratosferici. Era un modo per il clan di garantire entrate sicure, utilizzando metodi che rasentavano l'estorsione; le penne, i calendari e gli accendini che con tanta fatica i commercianti acquistavano diventavano simboli di un dominio che soffocava la libertà imprenditoriale e il legittimo diritto di guadagnare.

Nonostante la pesante condanna a oltre cinque anni di reclusione per tentata estorsione e tentata rapina aggravate dal metodo mafioso, Ivo Capone non ha smesso di operare. Questa incredibile resilienza nel perpetuare il suo stile di vita criminoso è il risultato di una cultura che, per lungo tempo, ha consentito ai clan di prosperare. Le sue azioni dimostrano come la mafia non solo influisca su chi direttamente ne fa parte, ma anche sulle vite di persone innocenti che si trovano intrappolate in un sistema corrotto e opprimente.

Finalmente, la giustizia ha fatto il suo corso e Capone è stato catturato, associato alla Casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, dove dovrà scontare la pena residua. La sua detenzione rappresenta però solo un piccolo passo verso la liberazione di una società che ha bisogno di ribellarsi e combattere contro la mafia.

La storia di Ivo Capone è un monito e un richiamo all'azione. Essa ci invita a riflettere sulla necessità di una mobilitazione collettiva contro ogni forma di crimine organizzato, perché solo unendo le forze possiamo sperare di estirpare le radici di questa piaga che continua a danneggiare le comunità italiane. È fondamentale non lasciare che la paura prevalga sulla speranza e mantenere viva la lotta per un futuro libero dalla mafia.